mercoledì 1 maggio 2013

Il labirinto

“Le leggi cui sottostavano gli abitanti del labirinto erano paradossali, ma immutabili. Una delle più importanti diceva: Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne.”
(Michael Andreas Helmuth Ende)


- E così, vedi, noi siamo qui da millenni. In questo labirinto. Non c’è modo di uscirne, perché la felicità rende leggeri, e noi siamo sempre più pesanti, come il piombo. Tutto è grave e sprofonderemo nella terra da dove siamo venuti – spiegò l’anziano al giovane viaggiatore.
- Non mi rassegno – rispose questi – io troverò un modo di andar via di qui.
- Sei ancora giovane. Ma ti rendi conto che giri in tondo da anni e sei sempre più stanco. Sei stanco e appesantito. Questo ti rende infelice.
- Ragazzo, non si può andar via da qui – si lamentò una donna che pareva avesse cent’anni. A guardarli bene però sembravano tutti molto più vecchi della loro età, come se l’infelicità li avesse invecchiati. Anche i bambini sembravano anziani, anzi a ben vedere non c’erano bambini.
- Perché siete infelici? – chiese il viaggiatore.
- Perché è la legge del labirinto: solo chi può uscirne può essere felice, ragazzo. Ma solo chi è felice può andar via di qui. Leggi il cartello del signor Ende, è nel libro Lo specchio nello specchio.

Il viaggiatore riflettè. Lui non voleva arrendersi e rimanere in quell’isola. Erano anni che cercava una via d’uscita. Doveva trovare un modo per andar via da quel posto sempre più pesante, sentiva man mano crescere dentro di sé la tristezza. E la voglia di arrendersi.

- No, no… non può finire così… - si disse disperato e smarrito.

Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne. Diceva chiaramente il cartello affisso sulle mura della città.

Un’isola tonda labirintica. A forma di Cerchio. Passò ancora un’altra notte a dormire in quel posto e l’indomani riprese nuovamente il viaggio, ma più camminava, più scordava quale fosse la sua meta e perché viaggiasse. E dopo un altro anno una sera si arrese:

- Sono infelice – si disse – non ce la faccio, non uscirò mai più da qui… - e crollò al suolo mentre il deserto attorno a sé soffiò arido e vittorioso e la sabbia cominciò ad avvolgerlo.
La notte era fredda ed egli divenne abitante del labirinto.
Fino all’infinito.

The “Ende


Conoscevo il signor Ende. Scriveva di storie infinite e di specchi che riflettevano specchi in una sorta di presa in giro onirica e tormentata. Egli era troppo potente perché potessi riscrivere le regole dell'isola a forma di cerchio e salvare il mio viaggiatore perso nel labirinto, ma potevo con le mie poche capacità scriverne il seguito e dargli una seconda vita.
Dopotutto anche nel mio nome c’è stata una seconda opportunità.

Ecco come andarono le cose. 

Il viaggiatore crollò al suolo e vi rimase per molto tempo. Entrai nella sua mente per parlargli, lo trovai con la testa fra le mani nell’oscurità.

- Ciao – dissi.
Mi guardò perplesso.
- Chi sei, dove sono? – domandò.
- Mi chiamo Aslaath, siamo in un tuo sogno.
I suoi occhi erano intontiti e non sembrava aver compreso.
- Sogno! – esclamai – il confine di tutto… - cercai di spiegare.
- Che ci fai qui? – mi interruppe brusco.
- Per tirarti fuori da questo posto. Dal labirinto intendo, non dal sogno! – mi corressi.
- Come sei venuta fin qui?
- Io ho questa capacità – sorrisi – vago nei sogni, a volte mi perdo, anzi direi quasi sempre, ho uno scarso senso dell’orientamento e odio guidare, sai… ma dopo varie volte che non so dove sono torno indietro e cerco la strada, chiedo e poi imparo come arrivarci. Sai una cosa? Mi comprerò un navigatore! – aggiunsi pensierosa, ma poi ripresi guardandolo: - Nel tuo caso ho seguito le indicazioni!
- Parli troppo! – fece laconico.
- Ops! Scusa… - dissi mortificata – senti: c’è un modo per uscire dal labirinto di Ende.
- Bisogna essere felici – disse.
- Sì.
- Ma solo chi riesce ad uscire è felice.
- Sì…
- Sei scema? Non c’è soluzione, è un labirinto.
- Quindi tu cerchi la felicità solo per andar via di qui? – chiesi, ignorando il suo “scema”.
- Io voglio uscir di qui per essere felice.
- Capisco. Quindi non c’è verso…
- Mi prendi in giro?
- No! Solo non capisco perché vuoi essere felice!
- Per andar via di qui, te l’ho detto no?
- Ma come ci sei finito qui?
Per una volta non mi guardò con sufficienza e rimase a fissarmi in silenzio.
- Ti svelo un segreto: nessun abitante del labirinto è nato in questo posto. Ci sono tutti finiti il giorno in cui hanno acquisito la consapevolezza. Ma dopo si scordano. Si scordano di quando erano felici. Quando ti ricorderai come sei arrivato in questo posto saprai anche come uscirne.
Silenzio.
- Chi sei? – mi chiese nuovamente.
- Non ti scorderai facilmente di me – dissi con noncuranza alzando le spalle – arrivederci! – e uscii dal suo sogno.

Questo fu il mio intervento. Non ero certa che sarebbe riuscito a capire cosa volessi dirgli ma avevo fatto del mio meglio e, ripensandoci, visto quanto era stato indisponente con me, non so se se lo fosse meritato…


Anni dopo il viaggiatore scrisse questa lettera:

"Quand’ero piccolo persi una perlina di lacrima, era trasparente e luccicava, sembrava rugiada. La cercai dappertutto, nelle amicizie, nelle albe e nei tramonti, ma non la ritrovai mai più.
Poi un giorno mi ritrovai in quel labirinto, e mi scordai di quella goccia. Il mio unico scopo era cercare di uscire da quel posto. Dovevo a tutti i costi essere felice per andar via ed essere così felice. Proprio così, era la legge del labirinto. Essere felici per… essere felici! Che senso aveva? Non lo so.
Una sera venne una persona a trovarmi, fu come un astro caduto dal cielo e guardandola negli occhi fu come vedermi nello specchio. Lo specchio nello specchio.
Era solare e l’opposto di me. Mi chiese perché volevo essere felice. Risposi che volevo esserlo per uscire dal labirinto, ma quando mi chiese come c’ero finito non seppi trovare una risposta.
Se ne andò com’era venuta.
Il segreto era ricordare.
Gli abitanti del labirinto erano tutti troppo presi dal loro fallimento e dalla rassegnazione. Non avevano più un futuro o pensavano di non averlo. All’improvviso mi resi conto, con spavento, che in quel posto non c’erano bambini, e che tutti si erano scordati di esserlo stati. I bambini. Sono stato piccolo anch’io? Certamente, ma non ricordavo più.
Da piccolo ero stato felice e non avevo nulla, solo la sete di conoscere il mondo, la vita, con i tanti perché, dove, come, cosa. Quelle stesse domande che mi avevano portato in quel labirinto. Ero felice perché ero innocente, perché mi fidavo, perché sognavo l’impossibile e lo rendevo possibile, nel mio piccolo mondo.
Avrei voluto che quella ragazza finita nel mio sogno fosse rimasta un po’ di più, per farle altre domande, ma se ne andò subito. Ripensandoci… forse era un po’ troppo svitata perché andassimo d’accordo. Parlava veramente troppo! E poi aveva un nome impronunciabile.
Da adulti non si può tornare indietro e vivere come i bambini. Ma smisi di cercare la felicità perché non era quella la soluzione, e quella sera nel deserto, quando mi ripresi e guardai sopra di me, mi accorsi, dopo tanti anni, che c’era un cielo con la luna e le stelle. Mi guardai attorno con gli occhi di un bambino e scoprii che c’erano tante cose da esplorare in quel posto e che potevo fidarmi, che non dovevo oppormi alle pareti del labirinto e stranamente non sentii più l’isola mia nemica. Mi sentii sereno e pieno di progetti come quando mi ero incamminato per conoscere il mondo e, conoscendolo, ero finito in quel posto.
Il mio nuovo scopo fu di conoscere le storie delle persone in cui vi vivevano e dialogare con la natura e gli animali. Non più di andarmene. Annusai l’aria e ascoltai il mare. Fu un attimo. Mi sentii felice.

E mi ritrovai a casa mia. Fra i miei cari, i miei genitori che mi avevano messo al mondo. Non dovevo più fuggire da loro ma comprenderli. Ero fuori dall’isola. Ora avevo la capacità di camminare senza più perdermi nel labirinto. Senza perdermi troppo a lungo intendo. Quando succede mi guardo allo specchio e mi sembra di rivedere Aslaath che mi ricorda come uscirne.
Chissà dov’è adesso. Penso che dovrei ringraziarla." 
H. Van


Sono ancora io, Aslaath. Sono contenta che il viaggiatore si sia ripreso. Merito mio. Ma ancora di più sono soddisfatta di aver infranto le regole del labirinto: adoro disubbidire le leggi e trovare soluzioni alle cose apparentemente impossibili. Ci riesco sempre. Alla faccia del signor Ende.  


1 commento:

  1. è tutto il giorno che ho in mente la frase del famoso racconto di Ende, la cerco su google oggi per vedere cose ne sarebbe uscito fuori e mi imbatto in quest'altro bel racconto...complimenti :) credo che hai saputo stanare il segreto del "labirinto", stanarlo senza spiegarlo, ma suggerendo suggestioni. Che poi sono quelle che arrivano lì, giù, nella pancia.

    Stef

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